Sulla autonomia differenziata, la proposta di Articolo UNO del FVG e Veneto

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Autonomia differenziata delle regioni
Attuare la Costituzione assicurando l’unità dello Stato e della Nazione
La proposta dei segretari regionali di Art.1 di Friuli Venezia Giulia e Veneto

La sollecitazione autonomista delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto che chiedono l’attivazione della procedura dell’art.116, c3 della Costituzione ha suscitato un intenso dibattito nazionale e una forte contrapposizione tra Nord e Sud.

1. Rivedere le intese tra Stato e regioni del 15 febbraio 2019
La richiesta di una maggiore autonomia regionale è prevista dalla Costituzione e in sé e per sé non può che essere accolta.
Nessuno deve temere se una regione accresce la sua autonomia di governo accompagnandola con la motivata prospettiva di farne buon uso; va osservato tuttavia che trasferire in un’unica soluzione tutte o gran parte delle 23 materie elencate dall’art. 117, c3 colloca la devoluzione oltre l’orizzonte dell’autonomia regionale.
Si osserva infatti che le intese del 15 febbraio riguardano la devoluzione in blocco di un grande numero di materie1 (23 -tutte- per il Veneto; 20 per la Lombardia; 16 per l’Emilia-Romagna) e che come si è opportunamente eccepito lo spostamento di attribuzioni così inteso rischia di non essere sostanzialmente coerente con la finalità costituzionale che risiede proprio nel raggiungimento del risultato della specifica valorizzazione autonomistica di ciascuna regione: infatti, mancando qualsivoglia volontà di sperimentare almeno su un primo e minimo blocco di materie, si rischia una potenziale congestione.
La richiesta di autonomia è retta dal proposito che la gestione regionale consentirà risultati migliori a parità di risorse impiegate, in altri termini che la regione, assegnandosi una sfida consistente, saprà fare meglio dello Stato. La bulimia regionale di nuove rilevanti competenze trasferite in un unico blocco congiura però con la reale capacità di fare meglio di Roma e, d’altra parte, i cittadini e le imprese delle regioni interessate hanno il diritto di pretendere che l’autonomia li farà stare meglio anziché il contrario.
Merita grande attenzione la necessità che il processo devolutivo dallo Stato alla regione non produca poi forme di centralismo regionale che penalizzerebbero le autonomie degli enti locali sommandosi a quello derivato dalla sostanziale soppressione delle province.
Va esplicitata infine la questione delle risorse. Il trasferimento di ciascuna competenza va accompagnato con l’assegnazione alla regione delle risorse sino ad allora spese dallo Stato per la medesima funzione, la regione manifesterà poi la sua virtù dimostrando di saper fare meglio le stesse cose spendendo meno e usando le economie prodotte per fare di più. Ed è largamente positivo che il cespite trasferito alla regione derivi da una compartecipazione ai tributi erariali; in questo modo la comunità e gli amministratori della regione vengono coinvolti responsabilmente al fine delle migliori prassi di fedeltà fiscale e di promozione della crescita economica del loro territorio.
In conclusione ogni singolo processo di devoluzione regionale deve essere rispettoso della Costituzione così come dell’interesse nazionale e inoltre in grado di assicurare che la regione farà meglio dello Stato. Ciò implica, al contrario della bulimia, la gradualità della devoluzione. Diversamente dalle intese del 15 febbraio va infatti previsto un processo in cui la regione ha titolo a chiedere una competenza ulteriore costruendo un rapporto di fiducia e di leale collaborazione con lo Stato e dimostrando nel tempo che l’attribuzione precedentemente ricevuta è stata effettivamente utilizzata facendo meglio di Roma. Questo è dovuto ai cittadini, alle imprese e al sistema delle autonomie locali i quali si aspettano che la maggiore autonomia li faccia stare meglio. L’autonomia non è un valore in sé ma in relazione agli effetti che produce.

1 E’ utile rammentare che la devoluzione in blocco di ulteriori competenze statutarie di regioni non è mai avvenuta nemmeno per le regioni e le provincie a statuto speciale.
2. La distribuzione delle risorse come motivo di contrapposizione
L’aspettativa di una maggiore autonomia di Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto ha suscitato una forte reazione di contrarietà da parte di istituzioni, esponenti politici, intellettuali ed organi di informazione del Meridione. La contrarietà è sorta per il timore che la maggiore autonomia delle regioni del Nord potesse togliere risorse al Sud e di lì quel movimento di opposizione ha sposato la tesi della negazione tout court di ogni forma di maggiore autonomia, pur attuata nel rispetto della Costituzione.
Va riconosciuto che l’opposizione meridionale è stata facilitata dalle posizioni della Regione Veneto che ha alimentato l’idea assurda, peraltro non sedimentata nelle intese del 15 febbraio, del trattenimento in regione del cosiddetto residuo fiscale.
Quella contrapposizione tra Nord e Sud sulla distribuzione della spesa pubblica, così frequentemente disinformata sotto tutte le latitudini, ha lasciato un segno profondo alimentando un reciproco rancore che rende più difficile governare la Repubblica sotto il segno dell’equità e della solidarietà. Occorre ricostruire i presupposti per un approccio nazionale alla politica fondato sull’unità dello Stato e della Nazione e bisogna collocare l’attuazione del Titolo V della Costituzione in quel nuovo contesto.

3. Rapporto sulla distribuzione delle risorse a cura dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio
La comunità nazionale, le istituzioni regionali e dello Stato vanno messe nella condizione di discutere la questione della distribuzione delle risorse sulla base di dati che per completezza ed autorevolezza della fonte siano incontestabili ed unanimemente riconosciuti. E’ allora necessario quantificare la spesa pubblica annua pro-capite che nell’ultimo decennio è stata allocata a qualsiasi titolo2 in ciascuna regione indicando la matrice origine e destinazione delle risorse; è necessario inoltre che il compito di tale Rapporto venga assegnato all’Ufficio Parlamentare di Bilancio che per autorevolezza scientifica e terzietà istituzionale offre a tutti le garanzie del caso.

4. LEP e costi standard come presupposto del principio di uguaglianza
Va confermato che il principio costituzionale dell’uguaglianza tra i cittadini della Repubblica deve essere inverato assicurando a ciascuno i livelli essenziali di prestazione, poi ciascuna regione potrà scegliere in autonomia di fare meglio sulla base delle risorse disponibili. Va confermato anche, tuttavia, che il principio di uguaglianza presuppone inderogabilmente che le risorse dello Stato vengano distribuite tra le regioni sulla base del criterio di costi standard. Assicurare i LEP in tutto il Paese sulla base di irragionevoli sperequazioni territoriali nei costi delle prestazioni produce un cattivo uso della finanza pubblica e viola proprio il criterio dell’uguaglianza tra cittadini italiani.

5. Verso un nuovo federalismo: dare ruolo e capacità alle autonomie locali
C’è il rischio – a causa dell’atteggiamento di alcune regioni – che l’autonomia si riduca ad un semplice processo di devoluzione di competenze dal vecchio centro statale ai nuovi centri regionali. Va invece impostato un percorso che contestualmente alla delega di materia imprima un fortissimo decentramento nei confronti delle Autonomie Locali, che – come la Costituzione ricorda all’articolo 5 – preesistono alle Regioni e alla stessa Repubblica. Alle Regioni deve residuare un compito generale di pianificazione e regolazione dello sviluppo, e la gestione di quei servizi che per economia di scala non possono essere mantenuti al livello locale, mentre la gestione amministrativa e l’erogazione dei servizi fondamentali deve essere con forza collocata in capo ai Comuni, alle Provincie e alle Città metropolitane, con il superamento dell’attuale assetto della legge Del Rio.3

2 Il rapporto deve riguardare, per ciascuna regione ed ivi inclusi i fondi comunitari, la spesa corrente e in investimenti erogata direttamente da ogni amministrazione dello Stato o tramite altre istituzioni; la spesa di regioni o altri enti locali sostenuta da compartecipazione diretta al gettito dei tributi erariali o altre forme di imposizione di competenza dello Stato; la spesa corrente e di investimenti del bilancio pubblico allargato e di tutte le società di diritto privato riconducibili al controllo dello Stato. 3 In questo senso si condividono i contenuti del documento “La Repubblica delle autonomie, l’Italia dei Comuni” promossi dall’ANCI Veneto.
Le considerazioni qui illustrate sono la proposta di contenuti e di metodo che i segretari regionali di Art.1 di Friuli Venezia Giulia e Veneto indicano per la imminente discussione parlamentare sulla questione dell’autonomia differenziata delle regioni italiane.

Venezia, 14 Novembre 2019

Art.1 FVG Mauro Cedarmas
Art.1 Veneto Gabriele Scaramuzza

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